In questo numero, non presentiamo nuovi sacerdoti, ma due ministri di Dio che sono tornati alla casa del Padre: mons. Di Matteo, devoto alla nostra Protettrice, e padre Domenico. Il triste annuncio della morte di p. Domenico Jacobellis lascia nella nostra comunità un grande vuoto; noi tutti ricorderemo le sue catechesi, il suo amore per la tecnologia, le sue omelie ricche di testimonianze di vita vissuta. Qui presentiamo le parole accorate di chi ha tratto beneficio dal suo zelo sacerdotale.
Padre Domenico Jacobellis
Padre Domenico è il sacerdote delle "piccole cose", come S: Teresa del Bambino Gesù, che tanto amava citare e imitare.
Aveva imparato ad ascoltare la voce di Dio che gli parlava attraverso gli avvenimenti della vita quotidiana e si restava incantati della sua semplicità di cuore, quando ci raccontava che dopo una confessione lunga e combattuta l'amore e la consolazione di Dio si era fatta viva e presente attraverso l'abbraccio di un bambino, che correndo era entrato nella stanza, quasi come un premio che il Signore gli donava e un incoraggiamento ad annunciare la Verità, nonostante questa a volte non venisse apprezzata.
Ci diceva che il Signore, attraverso quel bambino gli ricordava: "Io ti amo, sono con te, non ti ho dimenticato!". E di questi episodi ce ne raccontava tanti, spronandoci ad allenarci a cogliere i segni attraverso i quali il Signore ci parla durante la giornata, fosse anche la bellezza di un fiore. "Dobbiamo fare silenzio dentro di noi per poter cogliere i segni, perché Dio è presente, vivo in mezzo a noi e non fa che parlarci, - diceva - è necessario allenarsi in questo!".
Durante le sue catechesi non si stancava di ritornare spesso a spiegarci i "segni" della celebrazione Eucaristia, il significato di ogni parola e di ogni gesto che si compie nella S. Messa, perché sua grande preoccupazione era quella di farci partecipare coscientemente a tutto ciò che avviene in quest'ora solenne e di intima unione con Dio, comunicandoci il suo dolore per l'indifferenza e a volte la noia con cui alcuni partecipano alle celebrazioni.
" Il Signore alla fine non ci giudicherà su quante volte siamo stati a messa o su quante preghiere abbiamo fatto, ma saremo giudicati sull'amore" non volendo certo dire con questo di ridurre la frequentazione della S. Messa o le ore di preghiera, come alcuni, fraintendendolo, hanno mal inteso, ma semplicemente che l'essere cristiani non consiste in un rito esteriore e formale, ma, al contrario, consiste nel vivere concretamente in famiglia, a scuola, sui luoghi di lavoro… dappertutto la propria cristianità, amando di vero cuore il fratello che ci sta accanto, con gesti concreti. Per spiegare meglio il concetto citava Madre Teresa di Calcutta, per la quale ogni opera di carità, ogni gesto di amore rivolto ad un povero era fatto a Gesù in persona. "Questa è la fede" diceva "credere che quella carezza, quella parola di conforto, quel servizio io l'ho fatto a Gesù".
" Non importa quello che si fa, ma come lo si fa" anche il servizio più umile e comune di questa terra, come cucinare o lavare i piatti, se fatto con amore ha un gran valore agli occhi di Dio".
È il sacerdote della quotidianità, quindi, e come S: Giuseppe Marello invitava ad essere "straordinari nelle cose ordinarie" e a non soffocare la voce dello Spirito Santo che ci fa accorgere, ad esempio, della difficoltà che un anziano può avere nel portare la busta della spesa e suggerisce al nostro cuore un piccolo gesto d'amore, non soffermandoci a pensare tra noi "ci sono gli altri, perché devo aiutarlo proprio io, gli altri non se ne sono accorti?" esortava "lo Spirito Santo ha scelto te, magari gli altri sono troppo distratti per ascoltarlo, non omettere, fa' ciò che ti dice. Compi i piccoli gesti che lo Spirito ti suggerisce ora, non aspettare di compiere chissà quale azione grande domani, magari non ne avrai l'occasione".
Le sue non erano solo parole, bastava osservarlo in tutto quel che faceva, era visibile come si sforzasse sempre di piacere a Dio, sottomettendosi alla Sua volontà con amore, anche quando questa era umanamente difficile da accettare. Con grande raccoglimento e umiltà celebrava la S. Messa trasmettendo la sacralità del momento; nella S. Confessione partecipava al dolore e alla sofferenza umana e sapeva essere sempre molto chiaro e concreto. Ammirata ho sperimentato in prima persona la sua partecipazione sincera al mio dolore per alcune vicende personali e sono sicura che ha pregato per me e anche grazie alle sue preghiere quella situazione si è risolta. Ha incarnato e vissuto tutto ciò in cui ha creduto.
" Bisogna fiorire lì dove Dio ci ha seminato" era una delle frasi, tratte da S. Teresa di Lisieux, che spesso ripeteva e che ha trascritto sulla immaginetta in ricordo del suo 50° anno di sacerdozio; ed egli ha sempre cercato di viverla, almeno da quando io l'ho conosciuto qui allo Sterpeto.
Nell'ultimo anno della sua vita, procurandogli il male fisico grande sofferenza, Gesù gli ha concesso la grazia di unirsi alla Sua Passione. Anche in tale stato ha dato grande esempio di pazienza e di umiltà non nascondendo agli occhi della gente come il male lo aveva ridotto, ma lasciando la sua stanza aperta alle visite, come era il suo cuore sempre pronto ad accogliere, Non solo non si è sottratto ai nostri sguardi, ma era ben felice quando qualcuno lo visitava e gli prestava aiuto come poteva, ringraziandolo sinceramente di ogni piccolo gesto d'amore, rendendo visibile ancore una volta quando insegnava. Ora sicuramente partecipa della Gloria di Cristo in cielo, lui che ha partecipato alle sue sofferenze e che ha vissuto e insegnato cose semplici ma vere: "chiunque diventerà piccolo come bambino sarà il più grande nel regno dei cieli" (cfr. Mt 18.4).
Marianna Cortellino