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IL BOLLETTINO - I racconti della mamma

Tre giorni di ansia a cura di P. Domenico Iacobellis

Anche se nel cielo un piccolo gregge di nubi, sospinto dal vento, si diverte, a tratti, a nascondere il sole, la sera è pur sempre di primavera e i prati occhieggianti di margherite invitano i bimbi a lieti giochi.
Mamma Caterina è tornata con la sua nidiata di angeli nel grande giardino e, mentre sulle sue ginocchia la piccola Barbara guarda meravigliata il cielo, Stefano capeggia una brigata di amici che sta dando l'assalto ad un immaginario forte colmo d'indiani.
La guerra finisce presto, anche perché, con la coda dell’occhio, ha veduto Mariagrazia e Pierandrea prendere posto ai piedi della mamma ed egli non vuole perdere il meraviglioso racconto di un asinello che attraversa, lento e paziente, un intero deserto per riportare in patria tre fuggitivi.
– Il viaggio del ritorno fu più veloce di quello di alcuni mesi prima – comincia mamma Caterina.
– Anch'io corro quando torno da scuola – dice sorridendo Stefano.
– Si, corri ma perché hai farne.... invece Giuseppe e la Madonna avevano un desiderio immenso di rivedere la loro Nazareth, salutare parenti ed amici, riprendere la vita serena e tranquilla nella loro piccola casa.
Traversando il deserto, passarono alla larga da Gerusalemme dove regnava Archelao, degno figlio di Erode e, dopo avere toccato la Samaria, giunsero a rivedere Nazareth. Che festa, bambini, nei loro cuori! Immaginate se io, babbo e voi ci avessero scacciati dalla nostra casa e fossimo andati lontano, lontano per due anni e poi, un giorno, tornassimo qui; cosa provereste?
– Io mi metterei a saltare e gridare dalla gioia – afferma Stefano agitando le mani.
– Forse né la Madonna né S. Giuseppe si misero a saltare, forse piansero di felicità e strinsero tante, tante mani di amici e cento braccia presero e coccolarono Gesù che non avevano ancora veduto e le amiche si dettero da fare per sistemare la casa e gli uomini avranno detto a Giuseppe che avevano bisogno di sedie, di tavole, armadi, che riaprisse subito la bottega e Gesù avrà sorriso e silenziosamente benedetto tutti.
– Lo sapevano che era anche Dio? - domanda Mariagrazia.
– No: la Madonna e Giuseppe nascondevano nel cuore il mistero della nascita di quel Bimbo meraviglioso, aspettando che fosse lui arivelarlo alle genti.
Infatti, come dice il Vangelo, dopo la festa del ritorno, la vita per la piccola famiglia riprese regolare e tranquilla. La Madonna faceva le faccende di casa, Giuseppe lavorava a bottega e Gesù cresceva obbediente e buono. Così per otto anni.
Quando Gesù ebbe dodici anni successe un fatto clamoroso che mise un po' in subbuglio la pace della piccola famiglia.
– Gesù fece una marachella.... vero Mamma? – È Pierandrea che interviene con aria soddisfatta.
– Ma che dici? Brutto brigante ! Cerchi una scusante per le tue, vero? No: niente marachelle, ascoltami bene.
Ogni anno, per la Pasqua, i buoni giudei si recavano a Gerusalemme a rendere adorazione a Dio nel grande tempio. I bambini non andavano fino a che non avevano dodici anni. Al dodicesimo anno di età anche Gesù andò con Maria e Giuseppe nella città santa.
Ora avvenne che, o fosse la calca della gente, o la stessa volontà del piccolo Gesù, egli lasciò i genitori ed entrò per conto suo nel tempio.
E perché la Madonna non lo cercò subito? – chiede Mariagrazia meravigliata.
– Perché le donne erano da sé e gli uomini per conto proprio, cosicché la Madonna credeva che il figlio fosse con Giuseppe, mentre questi credeva che fosse con la madre... Soltanto alla sera del ritorno, ormai lontani dalla città, quando si ritrovarono insieme, Maria e Giuseppe si accorsero che Gesù non era con nessuno dei due, né presso i parenti, né fra gli amici. Non ci dormirono sopra: ripresero il cammino verso Gerusalemme e si dettero a cercarlo con ansia per ogni dove. Per giorni interi bussarono a tante porte, visitarono i cortili dove bivaccavano le carovane, guardarono con ansia ogni bambino che incontravano... niente!
Ma non si dettero per vinti. Non potevano tornare a Nazareth senza il fanciullo... Finalmente la terza sera lo trovarono; sapete dove?
– Nel tempio! - risponde Stefano tutto soddisfatto.
– Si, proprio nella casa del Signore, ma non in un angolo spaurito e vergognoso; era seduto davanti ai
dottori della legge che lo stavano ascoltando, meravigliati che da tre giorni quel fanciullo li interrogasse e rispondesse alle loro domande con una sapienza da lasciare tutti a bocca aperta.
Quando la Madonna lo vide, prima lasciò che terminasse il discorso, poi lo rimproverò dolcemente per tutte le pene che lei e Giuseppe avevano sofferto durante le ricerche affannose.
Ma Gesù, pur accettando il rimprovero materno, le disse chiaramente che non doveva obbedire solo a lei, ma anche al padre celeste di cui era figlio e per la cui gloria aveva parlato per tre giorni.
Poi, fra le parole di lode di tutti quel vecchioni sapienti, prese per mano sua madre e con lei e Giuseppe uscì dal tempio.
La sera era già lontano dalla città, in viaggio verso la sua Nazareth, silenzioso e buono come se niente fosse accaduto...
– Ma la marachella l'aveva fatta? – chiede Mariagrazia a cui è rimasta negli orecchi la domanda di Pierandrea.
– No perché mentre tu e i tuoi fratellini siete soltanto bambini di mamma e papà, Gesù era anche figlio di Dio e, oltre che alla Madonna, doveva obbedire al suo padre celeste, che in quell'occasione gli aveva chiesto di glorificarlo per tre giorni nel suo tempio.
Ritornati a Nazareth, la vita riprese a scorrere come prima: Giuseppe lavorava nella bottega di falegname, la Madonna accudiva le faccende di casa.
– E Gesù ? domanda Stefano.
– Lavorava nella bottega del padre putativo.
– Non andava a scuola? – insiste Mariagrazia.
– No; a quei tempi non c'erano le scuole come oggi e chi voleva imparare a leggere e scrivere doveva andate nelle chiese dei Giudei che si chiamavano e si chiamano anche oggi sinagoghe e li c'erano dei vecchi sapienti, i quali facevano una specie di scuola al bambini più volenterosi.
– E Gesù non andò da questi vecchioni? – chiede Stefano ch'è uno scolaro modello.
– Certo, ma non tanto, perché egli, come si è veduto a Gerusalemme, ne sapeva più di tutti loro messi insieme.
– E le altre ore come le passava? – domanda la bimba.
– Ve l'ho già detto: lavorava nella bottega di falegname. Era proprio un bravo garzoncello di Giuseppe; andava a riportare il lavoro ai clienti, porgeva le assi, i chiodi e gli arnesi a suo padre putativo; qualche volta anche lui faceva dei piccoli mobili... Anzi, a questo proposito vi voglio raccontare una bella leggenda.
– Cos'è questa leggenda? - chiede Stefano.
– È un fatto che non viene narrato dal vangelo, il libro vero che ci parla di Gesù, ma è nato dal cuore dei primi cristiani
Allora non è vero! - insiste il fanciullo.
– Potrebbe essere anche vero, ma gli evangelisti non ce lo hanno riferito quindi non siamo obbligati a crederlo come, per esempio, la strage degli innocenti, ma è così bello che potrebbe essere senz'altro accaduto.
– Raccontacelo, mamma! - implora Mariagrazia.
– Certo, cara: narra dunque questa leggenda che una sera Gesù, che aveva quindici anni, si trovava solo nella bottega. Giuseppe era andato da un cliente e la Madonna era alla fonte a prendere l'acqua. Ad un tratto il giovanetto, che stava accomodando uno sgabello, si ferma e, con lo sguardo fisso verso i monti lontani, comincia a pensare. Ecco, ora si muove, prende due tronchi di cipresso, uno più lungo e uno più corto, cerca un martello, dei chiodi, incrocia il tronco, su in alto, a quello più lungo e lo fissa con tre chiodi. Ora egli ha in mano una croce, il terribile strumento di tortura per gli schiavi. Gli occhi di Gesù si velano di lacrime, la mano accarezza quel legno incrociato, come se fosse una creatura vivente. Entra, non veduta, la Madonna, e rimane sconvolta a guardare il figlio.
– Che fai, Gesù? - gli chiede.
Egli volge la testa e, mentre un pallore mortale gli copre il volto, sussurra:
– Questo, un giorno, sarà il mio ultimo letto -
– Che dici, Figlio mio? - geme la mamma.
– Tu lo sai, mamma, tu lo sai... lo sono venuto quaggiù per salvare il mondo con il mio sangue.
La Madonna si getta fra le braccia del figlio e se lo stringe al seno. Giuseppe, entrando in quel momento, vede la scena e tace: solo non capisce perché Gesù abbia fatto quel terribile segno di morte.
Stefano e Mariagrazia hanno gli occhi umidi e sospirano come se anch'essi fossero presenti alla scena. La mamma li guarda commossa e riprende:
Su, su... è una leggenda, ma è certamente vero che Gesù sapeva fin da allora quale sarebbe stata la sua morte. Però tutto sarebbe accaduto all'ora stabilita dal Padre celeste, perciò per lunghi anni rimase a lavorare come un povero operaio nella modesta bottega di Nazareth, sudando e faticando, simile a tutti coloro che si guadagnano il pane con un mestiere.
– Ebbe anche i calli nelle mani? - domanda Stefano a cui l'idea di quell'Uomo-Dio che suda non va tanto giù.
– Certamente, perché egli fu vero uomo, uguale a noi in tutto, eccetto che nel peccato. Ma ora sento quella birichina che già strepita nel lettino e, come sapete, la vostra sorellina non capisce ragioni. Vi lascio, tesori, e domani sera riprenderemo il racconto.
Mamma Caterina corre nella camera di Barbara, mentre i due fratellini, sono come incantati dietro l'immagine di un Dio che ha i calli nelle mani.

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